Il Nostro Modello

Il modello del Centro di generazione in generazione concepisce la Formazione come una possibilità di cambiamento personale e sociale che, attraverso un percorso di apprendimento che trova nel processo relazionale il suo fulcro e la sua fonte vitale, «offre la possibilità straordinaria di sentire battere il cuore del mondo».

Un’espressione forte che, a molti, potrebbe suonare stonata, o quanto meno inusuale, da un punto di vista scientifico o accademico: essa esprime l’identità profonda del Centro insieme alla forza e all’originalità della sua proposta formativa, che punta non al semplice addestramento di tecnici competenti ma allo sviluppo e alla crescita integrale dell’essere umano. In vista di tale obiettivo le attività formative proposte si snodano lungo un percorso che attraversa una molteplicità di ambiti intrinsecamente connessi tra loro: da quello teorico a quello esperienziale, da quello corporeo a quello spirituale, da quello sociale a quello più intimamente personale. Il filo rosso che unisce i vari passaggi è quello del contatto nella relazione, condizione essenziale e irrinunciabile per approdare all’integrazione personale.

Si tratta, dunque, di una forma di apprendimento che passa attraverso l’essere della persona nella sua interezza.

Ritengo che questo approccio formativo sia quello più completo e più adeguato, specialmente nei percorsi di formazione professionale per psicologi e psicoterapeuti, dove l’integrazione personale e la capacità del contatto nella relazione sono requisiti fondamentali e irrinunciabili che precedono ogni altro tipo di competenza.

Prefazione al testo La formazione relazionale: proposta formativa per psicologi (ML De Blasio, 2022; Edizioni Universitarie Romane).

Maurizio De Giorgi

La relazione

  • La mente esiste perché in relazione. La mente isolata non esiste e perciò ogni processo, interno ed esterno, modifica la mente di entrambi i soggetti in relazione.
  • La mente è organizzata in forma gerarchica e si manifesta nel corpo, e in particolare nella struttura muscolare e nel linguaggio. 
  • Il bisogno fondamentale nella relazione è il contatto. Per contatto s’intende la possibilità di fare esperienza di sé in presenza di un altro. Questo permette l’elaborazione delle esperienze e la costruzione di un senso di sé unitario. 
  • Il bisogno di contatto si declina in molti modi che possono essere racchiusi in un duplice bisogno: essere amati e amare. 
  • Mancanze ripetute di contatto nella relazione producono una divisone interiore (parte nascosta e parte manifesta). 
  • Su questa divisione, e per mantenere questa divisione, si forma il copione: convinzioni su di sé, sugli altri e sulla vita, decisioni di sopravvivenza, schemi relazionali inconsci. 
  • Il copione è generato dalla spinta vitale presente nella coscienza: l'istinto di sopravvivenza che è più forte dell’istinto di morte. La spinta vitale della coscienza va verso la salute e l’integrazione. 
  • La funzione primaria del copione è salvare la relazione permettendo un certo senso di unità interiore. 
  • Il copione può essere letto anche come la costruzione di speranze inconsce di salvezza e di auto-salvezza. 
  • Il copione può formarsi a tutte le età, in particolare quando siamo in una condizione di maggiore fragilità (primi anni di vita, esperienze di prolungato stress, lutti, cambi di vita, passaggi di stato di vita, traumi intenzionali o accidentali). 
  • I primi anni di vita e l’esito delle relazioni primarie, la relazione con la madre prima di tutto e poi la relazione con il padre e con i fratelli, sono la struttura portante di ogni altra esperienza relazionale. 
  • Lo sviluppo morale procede insieme allo sviluppo della coscienza. Il nostro cervello funziona secondo una morale naturale che ha le sue basi nella relazione. Anche lo sviluppo morale può contenere aspetti disfunzionali. Il copione può sostenere la costruzione della coscienza morale. 
  • La disfunzione del comportamento è una forma creativa di adattamento al dolore nella relazione, la migliore che in quel momento della vita ciascuno poteva scegliere. 
  • Tale disfunzione guarisce nella relazione e nella ridecisione delle proprie convinzioni inconsce. Non può esserci alcuna ridecisione al di fuori della relazione. 
  • In questo processo ciascuno esercita la propria libertà e sceglie fino a che punto vuole arrivare.
  • Una componente importante di questo processo è la modalità̀ di contatto con la Vita che ciascuno assume dentro di sé. Questo aspetto riguarda il contatto con la parte spirituale, presente in ogni persona, e qui considerata come la “vita”. Una posizione di collaborazione o di potere sulla vita può avere un peso non indifferente nell’organizzazione dei processo psicopatologici.

Convinzioni sulla vita

«Questo sappiamo, che tutte le cose sono legate come il sangue che unisce una famiglia… Tutto ciò che accade alla Terra, accade ai figli e alle figlie della Terra. L’uomo non tesse la trama della vita; in essa egli è soltanto un filo. Qualsiasi cosa fa alla trama, l’uomo la fa a se stesso» (La rete della vita, Fritjof e Capra, 2001). 

La rete della vita ci precede, ci attraversa, ci nutre, ci sostiene, ci connette gli uni agli altri. Percepire la propria esistenza ancorata alla rete della vita offre la possibilità straordinaria di sentire battere il cuore del mondo. In ogni incontro autentico abbiamo la possibilità di entrare in contatto con quella sostanza silenziosa e invisibile, a tratti palpabile, che scorre in esso.

All’interno di questa fitta rete interconnessa ci sono alcuni snodi significativi, che determinano l’organizzazione dell’esperienza umana, che abbiamo chiamato nodi/snodi esistenziali: passaggi evolutivi che, a seconda della storia personale di ciascuno, viviamo in collaborazione con la vita o in un atteggiamento di potere su di essa.

L’elaborazione di questi anni ci permette di formulare l’ipotesi per la quale il contatto con la Vita è un ingrediente essenziale di ogni processo di guarigione.

Noi pensiamo che le convinzioni sulla vita siano il distillato delle scelte consapevoli e spesso inconsapevoli di ciascuno. Esse ci parlano del copione (Berne, 1969; R. Erskine RG e Zalcman MJ, 1979), delle spinte vitali presenti all’interno del nucleo profondo del Sé e anche del dialogo sempre aperto con la manifestazione interiore dello Spirito, appunto la vita.

La vita si manifesta sul piano fenomenologico attraverso il nostro essere figli, il nostro aver bisogno gli uni degli altri, attraverso il bisogno di uno scambio con un altro di sesso diverso dal nostro, attraverso il nostro desiderio del futuro, attraverso la nostra capacità di generare vita dal punto di vista biologico, emotivo, cognitivo e spirituale, dal fatto che tutti facciamo l’esperienza della morte e del morire. Ciascuno di questi nodi/snodi contiene una ferita che può essere esplorata e guarita in una relazione disposta al contatto profondo, sintonizzato e rispettoso della libertà di ciascuno.

La scommessa della vita è l’interconnessione tra le diversità. Questo tema è presente nella nostra riflessione sulle micro e macro-dinamiche di potere all’interno delle relazioni, spesso generate dall’invidia.

Cura attraverso il corpo

“Nel rapporto madre-bambino si produce la prima educazione alla modulazione delle tensioni corporee e della motricità attraverso la costruzione di schemi motori” (Ruggieri).

Consideriamo il corpo come lo scenario in cui è scritto l’intreccio di gesti relazionali significativi e il luogo più antico della memoria relazionale, strettamente connesso con il sistema di attaccamento continuamente co-creato.

Attraverso il corpo la relazione prende la forma, la conoscenza si organizza (“L’intercorporeità” Gallese, 2007) e i processi vitali si intrecciano con le reazioni di sopravvivenza al dolore, che si stratifica nella memoria.

Nel corpo sono depositate le radici del copione di vita. “I copioni sono un insieme complesso di modelli inconsci basati su reazioni di sopravvivenza fisiologica, conclusioni esperienziali implicite, e/o introietti di autoregolazione, costituiti sotto stress, ad ogni stadio dello sviluppo, che inibiscono la spontaneità e limitano la flessibilità nella risoluzione dei problemi, il mantenimento della salute e delle relazioni con le persone.” (R. Erskine M. Knapp, The scripts system: an unconscious organization of experience. International Journal of Integrative Psychotherapy, vol 1, N° 2, 2010)

La ricerca (G. Buccino e M. Mezzadri, 2013) afferma che c’è una strettissima correlazione tra l’espressione verbale e il nostro sistema muscolare, così che il nostro sistema muscolare, attraverso un gioco di tensione e distensione, ci parla dell’intenzione comunicativa espressa dalla parola.

Nel corpo sono presenti anche le invisibili connessioni con la rete della vita, contenute nel nostro sistema immunitario, all’interno del nostro codice genetico e nella trama della distribuzione delle tensioni corporee.

La cura attraverso il corpo favorisce il contatto e la rielaborazione della percezione di esistere nella relazione e la riorganizzazione esperienziale dei punti di organizzazione del movimento, manifestazione della nostra storia relazionale e dei nodi/snodi esistenziali.

Terapia della famiglia

Consideriamo la famiglia un organismo vivente che genera continuamente un continuum di esperienza che va dall’appartenenza all’isolamento. Su questo continuum ciascun membro si colloca e organizza la propria esistenza portando dentro di sé le tracce delle generazioni che lo hanno preceduto e costruendo continuamente il proprio futuro e quello delle generazioni che seguiranno.

Crediamo che esista un inconscio che si trasmette lungo le generazioni. Siamo parte di un tessuto le cui maglie sono strettamente intrecciate le une con le altre. Pensiamo che fatti, pensieri ed emozioni vengano trasmessi da una generazione all’altra. Ciò avviene quando un evento traumatico (individuale o familiare) non riesce ad essere elaborato e diventa qualcosa di indicibile, un segreto; dunque il contenuto emozionale dell’esperienza rimane bloccato come in una “cripta” o come in un “fantasma” (Abraham e Torok, 1993). Così anche “le paure che assillano un individuo potrebbero essere le stesse che assillavano un genitore o un avo” (Baldascini, 2012); i nostri problemi possono perciò riflettere proprio conflitti, traumi e segreti non risolti all’interno del nostro sistema familiare. Si creano così dei legami di lealtà invisibili (Boszormenyi-Nagi 1998) - una forza per la quale i figli sono fedeli ai genitori e al loro clan familiare, tendendo a ripeterne il copione. Tali lealtà servono a mantenere il legame e un senso di identità comune fra le generazioni, per cui chi se ne discosta può avvertire la sensazione di avere tradito un modello di appartenenza oppure può sentirsi in colpa.

L’indagine attenta, sintonizzata e coinvolta dei terapeuti verso la famiglia nel suo insieme e nei confronti di ogni membro permette il contatto con i bisogni relazionali congelati facilitando la risoluzione dei legami transgenerazionali, permettendo a ciascuno di individuarsi e separarsi, restando in relazione.

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